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Rigenerazione urbana: arrivano i fondi per i comuni, 300 milioni di euro

È un anno molto ricco quello che abbiamo appena cominciato, con la Legge di Bilancio 2022 ci sono tante novità all’orizzonte. Torniamo a parlare di Rigenerazione Urbana, argomento che abbiamo trattato precedentemente in un post sui nostri social, e che ora ha in serbo per noi gustose novità.

Nella Legge di Bilancio 2022 vengono assegnati 300 milioni di euro ai comuni per progetti di rigenerazione urbana, riduzione della marginalizzazione e del degrado sociale e miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale.

Chi può richiedere i contributi?

I contributi per la rigenerazione urbana potranno essere richiesti:

– dai Comuni sotto i 15.000 abitanti che, in forma associata, hanno una popolazione di oltre 15.000 abitanti, nel limite massimo di 5.000.000 di euro (la domanda deve essere presentata dal comune capofila);

– dai Comuni che non risultano beneficiari del bando dell’aprile 2021, nel limite massimo della differenza tra gli importi previsti dall’articolo 2, comma 2, del DPCM 21 gennaio 2021 e le risorse attribuite dal Bando di aprile, cioè:
a) 5.000.000 di euro per i comuni con popolazione da 15.000 a 49.999 abitanti;
b) 10.000.000 di euro per i comuni con popolazione da 50.000 a 100.000 abitanti;
c) 20.000.000 di euro per i comuni con popolazione superiore o uguale a 100.001 abitanti e per i comuni capoluogo di provincia o sede di città metropolitana.

Le richieste di contributo dovranno riguardare singole opere pubbliche o insiemi coordinati di interventi pubblici relativi a:
 
– manutenzione per il riuso e rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie esistenti pubbliche per finalità di interesse pubblico, anche compresa la demolizione di opere abusive realizzate da privati in assenza o totale difformità dal permesso di costruire e la sistemazione delle pertinenti aree;
 
– miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia di immobili pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali e culturali, educativi e didattici, ovvero alla promozione delle attività culturali e sportive;
 
– mobilità sostenibile.

rigenerazione urbana

Requisiti e scadenze

Nella richiesta vanno indicati anche il quadro economico dell’opera, il cronoprogramma dei lavori, il codice unico di progetto (CUP), eventuali forme di finanziamento concesse da altri soggetti sulla stessa opera e, nel caso di comuni in forma associata, l’elenco di comuni che fanno parte della forma associativa.

Le richieste di contributo dovranno essere inviate al Ministero dell’Interno entro il 31 marzo 2022.

L’ammontare del contributo attribuito a ciascun comune sarà determinato dal Ministero dell’Interno entro il 30 giugno 2022.

Qualora le richieste dovessero superare il plafond disponibile (300 milioni di euro per l’anno 2022), sarà data la precedenza i Comuni che presentano un valore più elevato dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM); nel caso di forme associate, sarà calcolata la media semplice dell’IVSM dei singoli Comuni.

I Comuni beneficiari dei contributi dovranno, pena la revoca, affidare i lavori entro 15 mesi per le opere fino a 2.500.000 euro ed entro 20 mesi per le opere oltre 2.500.000 euro.

E non è tutto

Si creerà un Fondo di Fondi, con una dotazione iniziale di 772 milioni di euro provenienti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per sostenere iniziative nei settori della rigenerazione urbana (e non solo). È l’obiettivo dell’accordo di finanziamento sottoscritto dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Il Fondo dei Fondi interverrà a favore di imprese che proporranno programmi di investimento sostenibilitransizione verde e trasformazione digitale. Il supporto ai progetti partirà nel secondo trimestre del 2022 e l’implementazione del Fondo di Fondi avverrà in linea con la tempistica e le milestone previste nel PNRR.

Per la rigenerazione urbana sono previsti 272 milioni di euro a supporto delle priorità strategiche condivise con il Ministero dell’Interno: i finanziamenti necessari ai promotori privati, anche attraverso strutture in PPP, per sviluppare investimenti tesi al miglioramento delle aree urbane degradate, per la rigenerazione e rivitalizzazione economica, con particolare attenzione alla creazione di nuovi servizi alla persona e alla riqualificazione dell’accessibilità e delle infrastrutture, permettendo la trasformazione di territori vulnerabili in città intelligenti e sostenibili.

Dare attuazione ai progetti di investimento su rigenerazione urbana inseriti nel PNRR e rispettare la tabella di marcia è la priorità alla quale lavora la nostra Amministrazione. La collaborazione con Bei sul PNRR offre all’Italia un supporto prezioso per non mancare gli obiettivi di attuazione.

Alessandro Rivera (Direttore Generale del Tesoro)

Urbanistica: quale futuro per città e territorio dopo la pandemia?

La pandemia da Covid 19 inevitabilmente ha influito nei diversi contesti in cui viviamo. In molti sostengono che ci saranno altre crisi a livello mondiale, che siano essere di carattere economico, ambientale, climatico, energetico o sanitario andranno ad influire sul nostro modo di abitare gli spazi. Difatti l’urbanistica sarà argomento principale perché dovrà ripensare il nostro modo di vivere e organizzare le città in maniera ecosostenibile.

Agli studiosi di Architettura e Urbanistica viene chiesto di interrogarsi su cosa nella progettazione architettonica e urbana, nella pianificazione urbanistica e nelle scienze del territorio è andato storto per permettere l’espansione di un virus di origine animale. Si chiede una riflessione territorialista che consenta di cogliere l’occasione per proporre un futuro differente per le città odierne e proiettarle in un futuro diverso nell’interesse delle prossime generazioni.

Il Covid 19 ha reso più evidenti alcuni aspetti delle interazioni città-territorio-ambiente, dunque è necessario elaborare azioni su misura nel rispetto delle situazioni locali e dei caratteri distintivi delle popolazioni in modo da non produrre risposte diseguali. Intervenire su inclusività, sostenibilità, innovazione dei sistemi urbani e sui fattori economici deve e può essere una risposta efficace.

Esempi dal passato

Abbiamo tanti casi che dimostrano un miglioramento causato dalla reazione alle devastanti epidemie che si sono susseguite nel corso della millenaria storia dell’uomo, dalla peste ateniese del 430 a.C. alla peste nera europea del XIV secolo, alla più recente spagnola 1919-1920. Le modalità di estensione e diffusione sono ovviamente differenti per stili di vita, igiene, scambi commerciali, mobilità personale, rivoluzione industriale e tanti altri fattori, nonostante ciò, sono molti gli esempi che si possono portare a suffragio del riconoscimento delle ricadute positive sulle città, laddove sono state gestite bene le fasi di rilancio post epidemia.

Ben noto il caso di Venezia dove le epidemie di peste, importate dai traffici marittimi, pur dimezzando ogni volta la popolazione non abbiano compromesso la sua potenza marittima. Un altro caso quello delle ripetute epidemie di colera a Napoli nell’800 che hanno portato un risanamento e una riqualificazione di quartieri storici con la realizzazione di piazze, strade e nuovi edifici. Molto più evidente la trasformazione di Parigi che per risanare la città colpita da gravi epidemie di colera nella metà dell’800, ha applicato principi igienico-sanitari per sistemare fognature e realizzare grandi viali, in quei quartieri densissimi soffocati dall’urbanizzazione sfrenata.

persone in piazza

Detto ciò, quindi, come dev’essere la città del futuro post pandemia?

La città del futuro deve tornare a privilegiare il non-costruito, spazi di relazione, spazi pubblici disponibili per tutti, che interpretino morfologia e condizioni naturali. Spazi che utilizzino strategicamente il mondo vegetale, intrecciandone la vita con quella degli abitanti, riportando l’attività agricola in ambito urbano, non solo a scala maggiore, ma anche tramite orti urbani e sistematica copertura a verde del costruito. Oggi ancora lo spazio pubblico viene pensato invaso da automobili in sosta, pensando gli spazi assumendo come prima finalità quella della circolazione.

La città del futuro deve rigenerare le periferie assicurando densità tali da garantire intensità di rapporti sociali, compresenza ed aglomerati di attività diverse, diversità espressiva del costruito, spazio a stratificazioni, plurime identità delle parti e dando caratteri ai luoghi, al non-costruito, evitando lo stanco affiancarsi di unità edilizie e tipologie omogenee.

C’è bisogno di una profonda mutazione del modo di approcciarsi al tema della formazione o trasformazione degli ambienti di vita. Bisogna scardinare convinzioni stantie e inattuali, come ad esempio quella per la quale c’è distinzione fra architettura e edilizia, pericolosa perché porta a giustificare interessi differenziati. Un sostanziale cambiamento si avrà quindi quando, abbandonate le patologie del costruire contemporaneo, gli ambienti di vita non verranno più trasformati aggiungendo edifici e oggetti, ma avvalendosi soprattutto di relazioni immateriali prima che materiali.

Ora tocca a voi: scrivete nei commenti la vostra opinione sul futuro della città post pandemia. È giusto reagire come è successo in passato o la nuova realtà che viviamo non permette troppo spazio di manovra?

Smart City: la nuova urbanistica per città intelligenti

Dall’inglese “Città intelligente“, il termine Smart City è particolarmente in voga negli ultimi anni. Non solo nel settore della pianificazione urbana, ma anche in campo politico, economico, ambientale e tecnologico.

Una città, per essere considerata “intelligente“, non può più essere progettata tenendo conto solo del proprio capitale fisico dato da infrastrutture e trasporti. Una città, per essere considerata intelligente, deve subire una rivoluzione innanzitutto digitale e sociale, atta a migliorare la gestione della stessa sotto molti punti di vista: dalle attività economiche e amministrative, alla mobilità, le risorse ambientali, le relazioni sociali e le politiche dell’abitare.

In urbanistica, quindi, progettare una Smart City significa attuare una serie di strategie progettuali tali da semplificare e rinnovare le infrastrutture fisiche, facendo particolare attenzione alla sostenibilità ambientale. Inoltre, vede la connessione tra il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita a le infrastrutture, grazie all’introduzione di nuovi mezzi di comunicazione e tecnologie digitali.

Il fine è migliorare la qualità della vita in contesti urbani particolarmente urbanizzati, soddisfacendo così le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni.

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Da quali esigenze nascono le Smart City?

La crisi economica del 2008 e la continua concentrazione di gran parte della popolazione globale in aree metropolitane già fortemente sature, ha fatto sì che urbanisti, amministratori e aziende digitali iniziassero a ripensare le città in maniera più intelligente.

Nel settore tecnologico si assiste alla nascita di servizi, App urbane e nuove infrastrutture (ITC) capaci di ottimizzare la vita in questi complessi eco-sistemi. Nascono così nuovi piani urbanistici, che grazie alle nuove tecnologie, danno accesso a tutti i servizi pubblici in modo rapido e intuitivo, vengono istallate le prime reti wi-fi pubbliche e si divulgano i cloud computing di massa.

Oltre a migliorare tecnologie, trasporti e comunicazione, si diffonde una più matura sensibilità nei confronti della salvaguardia ambientale. Così, piani urbanistici e nuove tecnologie si fondono per dare nuove risposte eco-compatibili.

Si pensi all’ideazione di App che consentono il tracciamento dei rifiuti per favorirne uno smaltimento più corretto, a quelle dedicate al car sharing o al monitoraggio del traffico. Oppure, all’utilizzo di nuove tecnologie per la riduzione dell’inquinamento e la generazione di energia alternativa, come i pannelli “mangia-smog” posizionati sulle facciate degli edifici.

Nel nostro piccolo, si pensi a UrbisMap che, oltre ad essere uno strumento che semplifica l’operato di tecnici e funzionari pubblici, è un geoportale gratuito al servizio del cittadino, semplice e intuitivo, che da accesso a tutta l’informativa urbanistica, catastale e normativa del territorio nazionale, senza più frammentazione dei dati pubblici.

In linea con quanto afferma Maurizio Carta, professore di Urbanistica e Pianificazione territoriale presso l’Università di Palermo “Oltre che di una Smart City, abbiamo bisogno di uno Smart Planning, cioè di una progettazione, di una pianificazione, di politiche che siano più intelligenti. Il che significa che devono diventare più “smart” anche la PA e i sistemi produttivi”.

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Urbanistica: tendenze smart e modelli di successo

Come abbiamo detto, gli obiettivi principali delle azioni di pianificazione “intelligenti” sono: migliorare la vivibilità urbana, l’accessibilità a infrastrutture, servizi e dati pubblici, l’eco-sostenibilità e l’inclusione sociale.

Tra le principali tendenze vi sono, sicuramente, quelle legate a mobilità sostenibile e sharing economy. Dopo un attento rinnovo della tradizionale rete infrastrutturale, le città devono ripensare la propria mobilità in ottica green, aumentando piste ciclabili, aree pedonali, aree ricarica per le auto elettriche e i servizi di bike e car sharing (semplificandone l’accesso). Amsterdam, Parigi, Copenaghen e Stoccolma risultano le migliori città europee in tal senso.

Città come Singapore, San Francisco, Londra e New York sono da anni capofila del concetto di smart city, attuando sul proprio territorio azioni concrete che migliorano la qualità della vita e dell’ambiente urbano.

In Italia, siamo ancora lontani dalla gran parte degli esempi europei e mondiali, ma vi sono alcuni modelli virtuosi prodotti da Milano, che nel 2018 si conferma la più smart d’Italia, Firenze e Bologna.

Milano, negli anni è riuscita a coniugare perfettamente solidità e sviluppo economico, ricerca e innovazione, politiche per il lavoro e sistemi ambientali eco-sostenibili, raggiungere standard elevatissimi nell’istruzione, nel settore sanitario, nel campo della trasformazione digitale e della partecipazione civile.

Da qui si evince quanto, per essere davvero smart, le politiche territoriali, quindi anche l’urbanistica, debbano ripensare in toto la pianificazione con razionalità, creando sinergiche connessioni tra infrastrutture, aree urbane, strumenti tecnologici (come sensori, attuatori e rivelatori di dati) e nuovi servizi pubblici, così che, oltre a intelligenti, le città risultino meno inquinate, meno costose, più sicure, più sane, più vivibili e più veloci.

Come sfruttare UrbisMap per accedere agli incentivi Piano Casa

Nell’ultimo articolo del nostro blog abbiamo fatto il punto sul Piano Casa, la misura che smuove e incentiva gli interventi edilizi sugli immobili residenziali.

L’incentivo, dal 2009 si è diffuso e modificato in maniera diversa su tutto il territorio nazionale. Ogni regione, infatti, ha adattato la misura alle proprie esigenze e a quelle dei propri cittadini.

Per questo motivo, per i tecnici che operano in diverse regioni contemporaneamente, spesso risulta complesso tenere a mente tutte le applicazioni del Piano Casa, soprattutto in termini urbanistici.

Cosa cambia da regione a regione?

Come anticipato nell’articolo “Piano Casa 2019” la misura cambia da regione a regione, sia in termini di scadenza, sia di tipologia di interventi ammessi e tipologia d’immobili sui quali è possibile eseguirli.

Le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Lazio, Basilicata, ma in un certo verso anche il Piemonte, hanno reso il Piano Casa una misura a tempo indeterminato.

Le regioni, invece, che presentano prossima scadenza sono Sardegna, Veneto, Abruzzo, Puglia e Campania, entro il 2019, mentre Sicilia, Calabria, Marche, Molise e Toscane entro il 2020.

In tutte, però, l’incentivo è pressoché rivolto ad un aumento della volumetria pari al 20% del costruito, demolizioni e ricostruzioni, promuovendo l’utilizzo di sistemi eco-sostenibili e di efficientamento energetico.

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Ma il Piano Casa è applicabile in qualsiasi situazione urbanistica?

No e qui entra in gioco UrbisMap!

Fermo restando che ogni immobile ha la propria storia urbanistica, catastale e costruttiva, e che in ogni regione le zone urbanistiche nelle quali il Piano Casa NON è adottabile sono diverse, possiamo iniziare ausare UrbisMap per scoprire in quale zona urbanistica ricade l’immobile.

In Sardegna, ad esempio, è consentito accedere agli incentivi del Piano Casa (in scadenza il 30 giugno 2019) in tutte le zone urbanistiche, ma in ognuna di esse si hanno differenti limitazioni e specifiche di ampliamento, demolizione, ricostruzione e destinazione d’uso, come riportato in questa sintesi.

Tecnici e cittadini, cliccando sulla mappa di UrbisMap, scoprono velocemente in quale zona urbanistica ricade l’immobile. Una volta definita, si possono anche visualizzare gli altri piani che intersecano l’immobile, soprattutto il Piano di assetto idrogeologico e i relativi livelli di pericolosità.

Una volta verificati piani e normative alle quali è soggetto l’immobile, si potrà scaricare e stampare il Report di destinazione urbanistica, che nel caso del privato potrà mostrarlo al proprio tecnico di riferimento che poi gli seguirà la pratica edilizia.

È più complicato a dirsi che a farsi! Quindi, per sapere se la tua casa può accedere agli incentivi del Piano Casa, scopri prima in quale zona urbanistica ricade con UrbisMap. Accedi alla mappa e scarica il report di destinazione urbanistica, oppure richiedici maggiori informazioni.